Convivio – Trattato IV – Capitolo XXIX

         Poi che mostrato ha lo testo quelli segni li quali per ciascuna etade appaiono nel nobile uomo e per li quali conoscere si puote, e sanza li quali essere non puote, come lo sole sanza luce e lo fuoco sanza caldo, grida lo testo a la gente, a l'ultimo di ciò che di nobilità è ritratto, e dice: "O voi che udito m'avete, vedete quanti sono coloro che sono ingannati!": cioè coloro che, per essere di famose e antiche generazioni e per essere discesi di padri eccellenti, credono essere nobili, nobilitade non avendo in loro. E qui surgono due quistioni, a le quali ne la fine di questo trattato è bello intendere. Potrebbe dire ser Manfredi da Vico che ora Pretore si chiama e Prefetto: "Come che io mi sia, io reduco a memoria e rappresento li miei maggiori, che per loro nobilitade meritaro l'officio de la Prefettura, e meritaro di porre mano a lo coronamento de lo Imperio, meritaro di ricevere la rosa dal romano Pastore: onore deggio ricevere e reverenza da la gente". E questa è l'una questione. L'altra è, che potrebbe dire quelli da Santo Nazzaro di Pavia, e quelli de li Piscitelli da Napoli: "Se la nobilitade è quello che detto è, cioè seme divino ne la umana anima graziosamente posto, e le progenie, o vero schiatte, non hanno anima, sì come è manifesto, nulla progenie, o vero schiatta, nobile dicere si potrebbe: e questo è contra l'oppinione di coloro che le nostre progenie dicono essere nobilissime in loro cittadi". A la prima questione risponde Giovenale ne l'ottava satira, quando comincia quasi esclamando: "Che fanno queste onoranze che rimangono da li antichi, se per colui che di quelle si vuole ammantare male si vive? se per colui che de li suoi antichi ragiona e mostra le grandi e mirabili opere, s'intende a misere e vili operazioni?" Avvegna che, "chi dicerà", dice esso poeta satiro, "nobile per la buona generazione quelli che de la buona generazione degno non è? Questo non è altro che chiamare lo nano gigante". Poi appresso, a questo cotale dice: "Da te a la statua fatta in memoria del tuo antico non ha dissimilitudine altra, se non che la sua testa è di marmo, e la tua vive". E in questo, con reverenza lo dico, mi discordo dal Poeta, ché la statua di marmo, di legno o di metallo, rimasa per memoria d'alcuno valente uomo, si dissimiglia ne lo effetto molto dal malvagio discendente. Però che la statua sempre afferma la buona oppinione in quelli che hanno udito la buona fama di colui cui è la statua, e ne li altri genera: lo malestruo figlio o nepote fa tutto lo contrario, ché l'oppinione di coloro che hanno udito bene de li suoi maggiori, fa più debile; ché dice alcuno loro pensiero: "Non può essere che de li maggiori di costui sia tanto quanto si dice, poi che de la loro semenza sì fatta pianta si vede". Per che non onore, ma disonore dee ricevere quelli che a li buoni mala testimonianza porta. E però dice Tullio che "lo figlio del valente uomo dee procurare di rendere al padre buona testimonianza". Onde, al mio giudicio, così come chi uno valente uomo infama è degno d'essere fuggito da la gente e non ascoltato, così lo malestruo disceso de li buoni maggiori è degno d'essere da tutti scacciato, e de' si lo buono uomo chiudere li occhi per non vedere quello vituperio vituperante de la bontade, che in sola la memoria è rimasa. E questo basti, al presente, a la prima questione che si movea.
         A la seconda questione si può rispondere, che una progenie per sé non hae anima, e ben è vero che nobile si dice ed è per certo modo. Onde è da sapere che ogni tutto si fa de le sue parti. E` alcuno tutto che ha una essenza simplice con le sue parti, sì come in uno uomo è una essenza di tutto e di ciascuna parte sua; e ciò che si dice ne la parte, per quello medesimo modo si dice essere in tutto. Un altro tutto è che non ha essenza comune con le parti, sì come una massa di grano; ma è la sua una essenza secondaria che resulta da molti grani, che vera e prima essenza in loro hanno. E in questo tutto cotale si dicono essere le qualitadi de le parti così secondamente come l'essere; onde si dice una bianca massa, perché li grani onde è la massa sono bianchi. Veramente questa bianchezza è pur ne li grani prima, e secondariamente resulta in tutta la massa, e così secondariamente bianca dicere si può; e per cotale modo si può dicere nobile una schiatta, o vero una progenie. Onde è da sapere che, sì come a fare una bianca massa convegnono vincere li bianchi grani, così a fare una nobile progenie convegnono in essa li nobili uomini vincere (dico "vincere" essere più che li altri), sì che la bontade con la sua grida oscuri e celi lo contrario che dentro è. E sì come d'una massa bianca di grano si potrebbe levare a grano a grano lo formento, e a grano a grano restituire meliga rossa, e tutta la massa finalmente cangerebbe colore; così de la nobile progenie potrebbero li buoni morire a uno a uno e nascere in quella li malvagi, tanto che cangerebbe lo nome, e non nobile ma vile da dire sarebbe. E così basti a la seconda questione essere risposto.

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