Convivio – Trattato IV – Capitolo XXV

         Non solamente questa anima e natura buona in adolescenza è obediente, ma eziandio soave; la quale cosa è l'altra ch'è necessaria in questa etade a bene intrare ne la porta de la gioventute. Necessaria è, poi che noi non potemo perfetta vita avere sanza amici, sì come ne l'ottavo de l'Etica vuole Aristotile; e la maggiore parte de l'amistadi si paiono seminare in questa etade prima, però che in essa comincia l'uomo ad essere grazioso, o vero lo contrario: la quale grazia s'acquista per soavi reggimenti, che sono dolce e cortesemente parlare, dolce e cortesemente servire e operare. E però dice Salomone a lo adolescente figlio: "Li schernidori Dio li schernisce, e a li mansueti Dio darà grazia". E altrove dice: "Rimuovi da te la mala bocca, e li altri atti villani siano di lungi da te". Per che appare, che necessaria sia questa soavitade, come detto è.
         Anche è necessaria a questa etade la passione de la vergogna; e però la buona e nobile natura in questa etade la mostra, sì come lo testo dice. E però che la vergogna è apertissimo segno in adolescenza di nobilitade, perché quivi è massimamente necessaria al buono fondamento de la nostra vita, a lo quale la nobile natura intende, di quella è alquanto con diligenza da parlare. Dico che per vergogna io intendo tre passioni necessarie al fondamento de la nostra vita buona: l'una si è stupore; l'altra si è pudore; la terza si è verecundia; avvegna che la volgare gente questa distinzione non discerna. E tutte e tre queste sono necessarie a questa etade per questa ragione: a questa etade è necessario d'essere reverente e disidiroso di sapere; a questa etade è necessario d'essere rifrenato, sì che non transvada; a questa etade è necessario d'essere penitente del fallo, sì che non s'ausi a fallare. E tutte queste cose fanno le passioni sopra dette, che vergogna volgarmente sono chiamate. Ché lo stupore è uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose cose vedere o udire o per alcuno modo sentire: che, in quanto paiono grandi, fanno reverente a sé quelli che le sente; in quanto paiono mirabili, fanno voglioso di sapere di quelle. E però li antichi regi ne le loro magioni faceano magnifici lavorii d'oro e di pietre e d'artificio, acciò che quelli che le vedessero divenissero stupidi, e però reverenti, e domandatori de le condizioni onore voli de lo rege. E però dice Stazio, lo dolce poeta, nel primo de la Tebana Istoria, che quando Adrasto, rege de li Argi, vide Polinice coverto d'un cuoio di leone, e vide Tideo coverto d'un cuoio di porco selvatico, e ricordossi del risponso che Apollo dato avea per le sue figlie, che esso divenne stupido; e però più reverente e più disideroso di sapere.
         Lo pudore è uno ritraimento d'animo da laide cose, con paura di cadere in quelle; sì come vedemo ne le vergini e ne le donne buone e ne li adolescenti, che tanto sono pudici, che non solamente là dove richesti o tentati sono di fallare, ma dove pure alcuna imaginazione di venereo compimento avere si puote, tutti si dipingono ne la faccia di palido o di rosso colore. Onde dice lo sopra notato poeta ne lo allegato libro primo di Tebe, che quando Aceste, nutrice d'Argia e di Deifile, figlie d'Adrasto rege, le menò dinanzi da li occhi del santo padre ne la presenza de li due peregrini, cioè Polinice e Tideo, le vergini palide e rubicunde si fecero, e li loro occhi fuggiro da ogni altrui sguardo, e solo ne la paterna faccia, quasi come sicuri, si tennero. Oh quanti falli rifrena esto pudore! quante disoneste cose e dimande fa tacere! quante disoneste cupiditati raffrena! quante male tentazioni non pur ne la pudica persona diffida, ma eziandio in quello che la guarda! quante laide parole ritene! Ché, sì come dice Tullio nel primo de li Offici: Nullo atto è laido, che non sia laido quello nominare; e però lo pudico e nobile uomo mai non parla sì, che ad una donna non fossero oneste le sue parole. Ahi quanto sta male a ciascuno nobile uomo che onore vada cercando, menzionare cose che ne la bocca d'ogni donna stean male!
         La verecundia è una paura di disonoranza per fallo commesso; e di questa paura nasce un pentimento del fallo, lo quale ha in sé una amaritudine che è gastigamento a più non fallire. Onde dice questo medesimo poeta, in quella medesima parte, che quando Polinice fu domandato da Adrasto rege del suo essere, ch'elli dubitò prima di dicere, per vergogna del fallo che contra lo padre fatto avea, e ancora per li falli d'Edippo suo padre, ché paiono rimanere in vergogna del figlio; e non nominò suo padre, ma li antichi suoi e la terra e la madre. Per che bene appare, vergogna essere necessaria in quella etade.
         E non pure obedienza, soavitade e vergogna la nobile natura in questa etade dimostra, ma dimostra bellezza e snellezza nel corpo; sì come dice lo testo quando dice: E sua persona adorna. E questo "adorna" è verbo e non nome: verbo, dico, indicativo del tempo presente in terza persona. Ove è da sapere che anco è necessaria questa opera a la nostra buona vita; ché la nostra anima conviene grande parte de le sue operazioni operare con organo corporale, e allora opera bene che 'l corpo è bene per le sue parti ordinato e disposto. E quando elli è bene ordinato e disposto, allora è bello per tutto e per le parti; ché l'ordine debito de le nostre membra rende uno piacere non so di che armonia mirabile, e la buona disposizione, cioè la sanitade, getta sopra quelle uno colore dolce a riguardare. E così dicere che la nobile natura lo suo corpo abbellisca e faccia conto e accorto, non è altro a dire se non che l'acconcia a perfezione d'ordine, e, così questa come l'altre cose che ragionate sono, appare essere necessarie a l'adolescenza: le quali la nobile anima, cioè la nobile natura, dà, e ad esse primamente intende, sì come cosa che, come detto è, da la divina provedenza è seminata.

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