XXXVI L’Amante

Quand’i’ udì’ Ragion che ‘l su’ consiglio
Mi dava buon e fin, sanza fallacie,
Dicendo di trovarmi acordo e pace
Con quella che m’avea messo ‘n asiglio,
         I’ le dissi: “Ragion, vecco ch’i’ piglio!
Ma non ch’i’ lasci il mi’ signor verace,
Ched i’ son su’ fedel, e sì mi piace
Tanto ch’i’ l’amo più che padre figlio.
         Onde di ciò pensar non è mestero
Né tra no’ due tenerne parlamento,
Ché non sarebbe fatto di leggiero
         perciò ch’i’ falseria mi’ saramento.
Megli’amo di Fortuna esser guerrero
Ched i’ a·cciò avesse pensamento”.

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