CXXVII Lo Dio d’Amor e Falsembiante

“Dì, Falsembiante, per gran cortesia,
Po’ ch’i’ t’ò ritenuto di mia gente,
E òtti fatto don sì bell’e gente
Che·ttu se’ re della baratteria,
Afideròmmi in te, o è follia?
Fa che·ttu me ne facci conoscente:
Chéd i’ sarei doman troppo dolente,
Se·ttu pensassi a farmi villania”.
“Per Dio merzé, messer, non vi dottate,
Chéd i’ vi do la fé, tal com’i’ porto,
Ched i’ vi terrò pura lealtate”.
“Allor”, sì disse Amor, “ognon si’ acorto
D’armarsi con su’ arme devisate,
E vadasi al castel che·ssì m’à morto”.

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