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Le rime XLIV

Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra Son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli, Quando si perde lo color ne l'erba: E 'l mio disio però non cangia il verde, Sì è barbato ne la dura petra Che parla e sente come fosse donna. Similemente questa nova donna Si sta gelata come neve […]

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Le rime XLII

È un sonetto di accompagnamento per un'altra lirica dantesca (indicata qui con il termine "pulzelletta" al v. 1. Non si sa con certezza chi sia messer Brunetto: si esclude con relativa certezza che possa essere Brunetto Latini, forse un certo Betto Brunelleschi o altro membro della stessa famiglia. Messer Brunetto, questa pulzelletta Con esso voi

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Le rime XLI

A Cino da Pistoia Perch'io non trovo chi meco ragioni Del signor a cui siete voi ed io, Conviemmi sodisfare al gran disio Ch'i' ho di dire i pensamenti boni. Null'altra cosa appo voi m'accagioni Del lungo e del noioso tacer mio Se non il loco ov'i' son, ch'è sì rio Che 'l ben non

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Le rime XL

A Cino da Pistoia I' ho veduto già senza radice Legno ch'è per omor tanto gagliardo Che que' che vide nel fiume lombardo Cader suo figlio, fronde fuor n'elice; Ma frutto no, però che 'l contradice Natura, ch'al difetto fa riguardo, Perché conosce che saria bugiardo Sapor non fatto da vera notrice. Giovane donna a

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Le rime XXXIX

All'ignoto Io Dante a te, che m'hai così chiamato, Rispondo brieve con poco pensare, Però che più non posso soprastare, Tanto m'ha 'l tuo pensier forte affannato. Ma ben vorrei saper dove e in qual lato Ti richiamasti, per me ricordare: Forse che per mia lettera mandare Saresti d'ogni colpo risanato. Ma s'ella è donna

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Le rime XXXVIII

Io sento sì d'Amor la gran possanza Ch'io non posso durare Lungamente a soffrire, ond'io mi doglio: Però che 'l suo valor si pur avanza, E 'l mio sento mancare Sì ch'io son meno ognora ch'io non soglio. Non dico ch'Amor faccia più ch'io voglio, Ché, se facesse quanto il voler chiede, Quella vertù che

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Le rime XXXVII

Amor, che movi tua vertù da cielo Come 'l sol lo splendore, Che là s'apprende più lo suo valore Dove più nobiltà suo raggio trova; E come el fuga oscuritate e gelo, Così, alto segnore, Tu cacci la viltate altrui del core, Né ira contra te fa lunga prova: Da te conven che ciascun ben

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Le rime XXXVI

Sonetto ancora sulla crudeltà della «pargoletta»: Dante, che aspetta la morte per la durezza della donna, è ormai un esempio per gli altri che non si arrischino a guardare la «pargoletta» negli occhi per preservare la propria salute. Chi guarderà già mai sanza paura Ne li occhi d'esta bella pargoletta, Che m'hanno concio sì che

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Le rime XXXV

Ancora una ballata per la "pargoletta", che non ha mai provato l'amore, ed è così dura di cuore, perché sa di essere giovinetta e bella, che la sua durezza avrebbe potuto perfino uccidere Dante Perché ti vedi giovinetta e bella, Tanto che svegli ne la mente Amore, Pres'hai orgoglio e durezza nel core. Orgogliosa se'

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