Convivio – Trattato II – Capitolo XV

         Per le ragionate similitudini si può vedere chi sono questi movitori a cu' io parlo, che sono di quello movitori, sì come Boezio e Tullio, li quali con la dolcezza di loro sermone inviarono me, come è detto di sopra, ne lo amore, cioè ne lo studio, di questa donna gentilissima Filosofia, con li raggi de la stella loro, la quale è la scrittura di quella: onde in ciascuna scienza la scrittura è stella piena di luce, la quale quella scienza dimostra. E, manifesto questo, vedere si può la vera sentenza del primo verso de la canzone proposta, per la esposizione fittizia e litterale. E per questa medesima esposizione si può lo secondo verso intendere sufficientemente, infino a quella parte dove dice: Questi mi face una donna guardare. Ove si vuole sapere che questa donna è la Filosofia; la quale veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di savere, gloriosa di libertade, sì come nel terzo trattato, dove la sua nobilitade si tratterà, ha manifesto. E là dove dice: Chi veder vuol la salute, Faccia che li occhi d'esta donna miri, li occhi di questa donna sono le sue demonstrazioni, le quali, dritte ne li occhi de lo 'ntelletto, innamorano l'anima, liberata da le contradizioni. O dolcissimi e ineffabili sembianti, e rubatori subitani de la mente umana, che ne le mostrazioni de li occhi de la Filosofia apparite, quando essa con li suoi drudi ragiona! Veramente in voi è la salute, per la quale si fa beato chi vi guarda, e salvo da la morte de la ignoranza e da li vizii. Ove si dice: Sed e' non teme angoscia di sospiri, qui si vuole intendere "se elli non teme labore di studio e lite di dubitazioni", le quali dal principio de li sguardi di questa donna multiplicatamente surgono, e poi, continuando la sua luce, caggiono, quasi come nebulette matutine a la faccia del sole; e rimane libero e pieno di certezza lo familiare intelletto, sì come l'aere da li raggi meridiani purgato e illustrato.
         Lo terzo verso ancora s'intende per la sposizione litterale infino là dove dice: L'anima piange. Qui si vuole bene attendere ad alcuna moralitade, la quale in queste parole si può notare: che non dee l'uomo, per maggiore amico, dimenticare li servigi ricevuti dal minore; ma se pur seguire si conviene l'uno e lasciar l'altro, lo migliore è da seguire, con alcuna onesta lamentanza l'altro abbandonando, ne la quale dà cagione, a quello che segue, di più amore. Poi dove dice: De li occhi miei, non vuole altro dire, se non che forte fu l'ora che la prima demonstrazione di questa donna entrò ne li occhi de lo 'ntelletto mio, la quale fu cagione di questo innamoramento propinquissima. E là dove dice: le mie pari, s'intende l'anime libere de le misere e vili delettazioni e de li vulgari costumi, d'ingegno e di memoria dotate. E dice poi: ancide; e dice poi: son morta; che pare contro a quello che detto è di sopra de la salute di questa donna. E però è da sapere che qui parla l'una de le parti, e là parla l'altra; le quali diversamente litigano, secondo che di sopra è manifesto. Onde non è maraviglia se là dice "sì", e qui dice "no", se bene si guarda chi discende e chi sale.
         Poi nel quarto verso, dove dice: uno spiritel d'amore, s'intende uno pensiero che nasce del mio studio. Onde è da sapere che per amore, in questa allegoria, sempre s'intende esso studio, lo quale è applicazione de l'animo innamorato de la cosa a quella cosa. Poi quando dice: tu vedrai Di sì alti miracoli adornezza, annunzia che per lei si vedranno li adornamenti de li miracoli: e vero dice, ché li adornamenti de le maraviglie è vedere le cagioni di quelle; le quali ella dimostra, sì come nel principio de la Metafisica pare sentire lo Filosofo, dicendo che, per questi adornamenti vedere, cominciaro li uomini ad innamorare di questa donna. E di questo vocabulo, cioè "maraviglia", nel seguente trattato più pienamente si parlerà. Tutto l'altro che segue poi di questa canzone, sofficientemente è per l'altra esposizione manifesto. E così, in fine di questo secondo trattato, dico e affermo che la donna di cu' io innamorai appresso lo primo amore fu la bellissima e onestissima figlia de lo Imperadore de lo universo, a la quale Pittagora pose nome Filosofia. E qui si termina lo secondo trattato, che è ordinato a sponere la canzone che per prima vivanda è messa innanzi.
adornamenti vedere, cominciaro li uomini ad innamorare di questa donna. E di questo vocabulo, cioè "maraviglia", nel seguente trattato più pienamente si parlerà. Tutto l'altro che segue poi di questa canzone, sofficientemente è per l'altra esposizione manifesto. E così, in fine di questo secondo trattato, dico e affermo che la donna di cu' io innamorai appresso lo primo amore fu la bellissima e onestissima figlia de lo Imperadore de lo universo, a la quale Pittagora pose nome Filosofia. E qui si termina lo secondo trattato, che è ordinato a sponere la canzone che per prima vivanda è messa innanzi.

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