Convivio – Trattato II – Canzone I

Canzone Prima
     Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete,
Udite il ragionar ch'è nel mio core,
Ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.
El ciel che segue lo vostro valore,
Gentili creature che voi sete,
Mi tragge ne lo stato ov'io mi trovo.
Onde 'l parlar de la vita ch'io provo,
Par che si drizzi degnamente a vui:
Però vi priego che lo mi 'ntendiate.
     Io vi dirò del cor la novitate,
Come l'anima trista piange in lui,
E come un spirto contra lei favella,
Che vien pe' raggi de la vostra stella.
Suol esser vita de lo cor dolente
Un soave penser, che se ne gia
Molte fiate a' piè del nostro Sire,
Ove una donna gloriar vedia,
Di cui parlava me sì dolcemente
Che l'anima dicea: "Io men vo' gire".
     Or apparisce chi lo fa fuggire
E segnoreggia me di tal virtute,
Che 'l cor ne trema che di fuori appare.
Questi mi face una donna guardare,
E dice: "Chi veder vuol la salute,
Faccia che li occhi d'esta donna miri,
Sed e' non teme angoscia di sospiri".
Trova contraro tal che lo distrugge
L'umil pensero, che parlar mi sole
     D'un'angela che 'n cielo è coronata.
L'anima piange, sì ancor len dole,
E dice: "Oh lassa a me, come si fugge
Questo piatoso che m'ha consolata!"
De li occhi miei dice questa affannata:
"Qual ora fu che tal donna li vide!
E perché non credeano a me di lei?
Io dicea: "Ben ne li occhi di costei
De' star colui che le mie pari ancide!"
     E non mi valse ch'io ne fossi accorta
Che non mirasser tal ch'io ne son morta".
"Tu non se' morta, ma se' ismarrita,
Anima nostra, che sì ti lamenti"
Dice uno spiritel d'amor gentile;
"Ché quella bella donna che tu senti,
Ha transmutata in tanto la tua vita,
Che n'hai paura, sì se' fatta vile!
Mira quant'ell'è pietosa e umile,
     Saggia e cortese ne la sua grandezza,
E pensa di chiamarla donna, omai!
Ché se tu non t'inganni, tu vedrai
Di sì alti miracoli adornezza,
Che tu dirai: "Amor, segnor verace,
Ecco l'ancella tua; fa che ti piace"".
Canzone, io credo che saranno radi
Color che tua ragione intendan bene,
Tanto la parli faticosa e forte.
     Onde, se per ventura elli addivene
Che tu dinanzi da persone vadi
Che non ti paian d'essa bene accorte,
Allor ti priego che ti riconforte,
Dicendo lor, diletta mia novella:
"Ponete mente almen com'io son bella!"

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