Convivio – Trattato II – Capitolo V

         Detto è che per difetto d'ammaestramento li antichi la veritade non videro de le creature spirituali, avvegna che quello popolo d'Israel fosse in parte da li suoi profeti ammaestrato, "ne li quali, per molte maniere di parlare e per molti modi, Dio avea loro parlato", sì come l'Apostolo dice. Ma noi semo di ciò ammaestrati da colui che venne da quello, da colui che le fece, da colui che le conserva, cioè da lo Imperatore de l'universo, che è Cristo, figliuolo del sovrano Dio e figliuolo di Maria Vergine, femmina veramente e figlia di Ioacchino e d'Adamo: uomo vero, lo quale fu morto da noi, per che ci recò vita. "Lo qual fu luce che allumina noi ne le tenebre", sì come dice Ioanni Evangelista, e disse a noi la veritade di quelle cose che noi sapere sanza lui non potavamo, né veder veramente.
         La prima cosa e lo primo secreto che ne mostrò, fu una de le creature predette: ciò fu quello suo grande legato che venne a Maria, giovinetta donzella di tredici anni, da parte del Sanator celestiale. Questo nostro Salvatore con la sua bocca disse che 'l Padre li potea dare molte legioni d'angeli; questi non negò, quando detto li fu che 'l Padre avea comandato a li angeli che li ministrassero e servissero. Per che manifesto è a noi quelle creature essere in lunghissimo numero; per che la sua sposa e secretaria Santa Ecclesia – de la quale dice Salomone: "Chi è questa che ascende del diserto, piena di quelle cose che dilettano, appoggiata sopra l'amico suo?" – dice, crede e predica quelle nobilissime creature quasi innumerabili. E partele per tre gerarchie, che è a dire tre principati santi o vero divini, e ciascuna gerarchia ha tre ordini; sì che nove ordini di creature spirituali la Chiesa tiene e afferma. Lo primo è quello de li Angeli, lo secondo de li Arcangeli, lo terzo de li Troni; e questi tre ordini fanno la prima gerarchia: non prima quanto a nobilitade, non a creazione (ché più sono l'altre nobili e tutte furono insieme create), ma prima quanto al nostro salire a loro altezza. Poi sono le Dominazioni; appresso le Virtuti; poi li Principati: e questi fanno la seconda gerarchia. Sopra questi sono le Potestati e li Cherubini, e sopra tutti sono li Serafini: e questi fanno la terza gerarchia. Ed è potissima ragione de la loro speculazione e lo numero in che sono le gerarchie e quello in che sono li ordini. Ché con ciò sia cosa che la Maestà divina sia in tre persone, che hanno una sustanza, di loro si puote triplicemente contemplare. Ché si può contemplare de la potenza somma del Padre; la quale mira la prima gerarchia, cioè quella che è prima per nobilitade e che ultima noi annoveriamo. E puotesi contemplare la somma sapienza del Figliuolo; e questa mira la seconda gerarchia. E puotesi contemplare la somma e ferventissima caritade de lo Spirito Santo; e questa mira l'ultima gerarchia, la quale, più propinqua, a noi porge de li doni che essa riceve. E con ciò sia cosa che ciascuna persona ne la divina Trinitade triplicemente si possa considerare, sono in ciascuna gerarchia tre ordini che diversamente contemplano. Puotesi considerare lo Padre, non avendo rispetto se non ad esso; e questa contemplazione fanno li Serafini, che veggiono più de la Prima Cagione che nulla angelica natura. Puotesi considerare lo Padre secondo che ha relazione al Figlio, cioè come da lui si parte e come con lui sé unisce; e questo contemplano li Cherubini. Puotesi ancora considerare lo Padre secondo che da lui procede lo Spirito Santo, e come da lui si parte e come con lui sé unisce; e questa contemplazione fanno le Potestadi. E per questo modo si puote speculare del Figlio e de lo Spirito Santo: per che convengono essere nove maniere di spiriti contemplativi, a mirare ne la luce che sola se medesima vede compiutamente.
         E non è qui da tacere una parola. Dico che di tutti questi ordini si perderono alquanti tosto che furono creati, forse in numero de la decima parte; a la quale restaurare fu l'umana natura poi creata. Li numeri, li ordini, le gerarchie narrano li cieli mobili, che sono nove, e lo decimo annunzia essa unitade e stabilitade di Dio. E però dice lo Salmista: "Li cieli narrano la gloria di Dio, e l'opere de le sue mani annunzia lo fermamento". Per che ragionevole è credere che li movitori del cielo de la Luna siano de l'ordine de li Angeli, e quelli di Mercurio siano li Arcangeli, e quelli di Venere siano li Troni; li quali, naturati de l'amore del Santo Spirito, fanno la loro operazione, connaturale ad essi, cioè lo movimento di quello cielo, pieno d'amore, dal quale prende la forma del detto cielo uno ardore virtuoso per lo quale le anime di qua giuso s'accendono ad amore, secondo la loro disposizione. E perché li antichi s'accorsero che quello cielo era qua giù cagione d'amore, dissero Amore essere figlio di Venere, sì come testimonia Vergilio nel primo de lo Eneida, ove dice Venere ad Amore: "Figlio, vertù mia, figlio del sommo padre, che li dardi di Tifeo non curi"; e Ovidio, nel quinto di Metamorphoseos, quando dice che Venere disse ad Amore: "Figlio, armi mie, potenzia mia". E sono questi Troni, che al governo di questo cielo sono dispensati, in numero non grande, de lo quale per li filosofi e per li astrologi diversamente è sentito, secondo che diversamente sentiro de le sue circulazioni; avvegna che tutti siano accordati in questo, che tanti sono quanti movimenti esso fae. Li quali, secondo che nel libro de l'Aggregazioni de le Stelle epilogato si truova da la migliore dimostrazione de li astrologi, sono tre: uno, secondo che la stella si muove per lo suo epiciclo; l'altro, secondo che lo epiciclo si muove con tutto il cielo igualmente con quello del Sole; lo terzo, secondo che tutto quello cielo si muove seguendo lo movimento de la stellata spera, da occidente a oriente, in cento anni uno grado. Sì che a questi tre movimenti sono tre movitori. Ancora si muove tutto questo cielo e rivolgesi con lo epiciclo da oriente in occidente, ogni dì naturale una fiata: lo qual movimento, se esso è da intelletto alcuno, o se esso è da la rapina del Primo Mobile, Dio lo sa; che a me pare presuntuoso a giudicare. Questi movitori muovono, solo intendendo, la circulazione in quello subietto propio che ciascuno muove. La forma nobilissima del cielo, che ha in sé principio di questa natura passiva, gira, toccata da vertù motrice che questo intende: e dico toccata, non corporalmente, per tatto di vertù la quale si dirizza in quello. E questi movitori sono quelli a li quali s'intende di parlare, ed a cui io fo mia dimanda.

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