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I sonetti

Non abbiamo ancora pubblicato tutti gli scritti di Dante Alighieri, ancora mancano i sonetti. Iniziamo oggi la loro pubblicazione, come sempre uno alla settimana con un paio di avvertenze: prima di tutto l’attribuzione dell’autore non in tutti i casi è certissima. La seconda avvertenza è che non sempre si tratta di componimenti di alto livello, […]

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Le rime LXXX

Quando il consiglio tra gli uccei si tenne, Di nicistà convenne che Ciascun comparisse a tal novella; E la cornacchia maliziosa e fella Pensò mutar gonnella, E da molti altri uccei accattò penne; E addobbossi, e nel consiglio venne: Ma poco si sostenne, Perché parëa sopra gli altri bella; E l'un domandò a l'altro: "Chi

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Le rime LXXIX

Molti, volendo dir che fosse Amore, Disser parole assai, ma non potero Dir di lui cosa che sembrasse il vero, Né diffinir qual fosse il suo valore. Ben fu alcun che disse ch'era ardore Di mente imaginato per pensiero; E alcun disse ch'era desidero Di voler nato per piacer del core. Io dico che Amor

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Le rime LXXVIII

"Non piango tanto il non poter vedere Quella che di mia vita era nutrice, Quanto per tema non sia sdegnatrice Di mia dimora, ch'è contra volere, pensando che ciascun om de' savere Che mal pittura sta senza vernice, Ché no ha stabilità": così mi dice Lo cor c'ha perso lo su' bel piacere. Sì che

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Le rime LXXVII

De' tuoi begli occhi un molto acuto strale M'è nel cor fitto, e oltre più d'un'oncia, Sì che mi fora meglio ogni altro male, Secondo ch'Amor dentro mi rinoncia. Oimè, perché venisti così acconcia Lo dì ch'i' ebbi quel colpo mortale, Che vita e ogni stato mi disconcia, E per campar nulla cosa mi vale?

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Le rime LXXVI

De gli occhi di quella gentil mia dama Esce una vertù d'amor sì pina Ch'ogni persona che la ve' s'inchina A veder lei, e mai altro non brama. Beltà e Cortesia sua dea la chiama, E fanno ben, ché l'è cosa sì fina Ch'ella non par umana, anti divina, E sempre sempre monta la sua

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Le rime LXXV

La gran virtù d'Amore e 'l bel piacire Che nel mio cor di voi, mia donna, è nato, M'ha fedelmente in vo', donna tornato, Ch'i' v'amo e voglio sempre vo' servire, perché più bella siete, al mio parire, D'ogni altra donna di pregio laudato; Saggia, gentile, core aumillato, Ciò che sguardate fate ringioire. Poi conoscete

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Le rime LXXIV

Nulla mi parve mai più crudel cosa Di lei per cui servir la vita lago, Ché 'l suo desio nel congelato lago, Ed in foco d'amore il mio si posa. Di così dispietata e disdegnosa La gran bellezza di veder m'appago; E tanto son del mio tormento vago Ch'altro piacere a li occhi miei non

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Le rime LXXIII

Sennuccio, la tua poca personuzza, Onde di' che deriva il desiuzzo Il qual ti fa portare il cappucciuzzo Cosí polito in su l'assettatuzza, Quando tu ti vestisti d'una uzza (1) Ch'era vergata d'uno scaccatuzzo, (2) E che n'andavi in sul tuo ronzinuzzo, Spesso ambiando con la pochettuzza, (3) io mi pensava di darti copiuzza Di

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