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Le rime XXV

Un dì si venne a me Malinconia E disse: «Io voglio un poco stare teco»; E parve a me ch'ella menasse seco Dolore e Ira per sua compagnia. E io le dissi: «Partiti, va' via»; Ed ella mi rispose come un greco: E ragionando a grande agio meco, Guardai e vidi Amore, che venia Vestito […]

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Le rime XXIV

«Voi, donne, che pietoso atto mostrate, Chi è esta donna che giace sì venta? Sarebbe quella ch'è nel mio cor penta? Deh, s'ella è dessa, più non mel celate. Ben ha le sue sembianze sì cambiate, E la figura sua mi par sì spenta, Ch'al mio parere ella non rappresenta Quella che fa parer l'altre

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Le rime XXIII

Onde venite voi così pensose? Ditemel, s'a voi piace, in cortesia, Ch'i' ho dottanza che la donna mia Non vi faccia tornar così dogliose. Deh, gentil donne, non siate sdegnose, Né di ristare alquanto in questa via E dire al doloroso che disia Udir de la sua donna alquante cose; Avvegna che gravoso m'è l'udire:

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Le rime XXII

Di donne io vidi una gentile schiera Questo Ognissanti prossimo passato, E una ne venia quasi imprimiera, Veggendosi l'Amor dal destro lato. De gli occhi suoi gittava una lumera, La qual parea un spirito infiammato; E i' ebbi tanto ardir ch'in la sua cera Guarda', e vidi un angiol figurato. A chi era degno donava

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Le rime XXI

Questa canzone è l'unica poesia in cui Dante fa esplicitamente il nome di Batrice (v. 14: "Per quella moro c'ha nome Beatrice".); la morte di Beatrice ha tolto e continua tuttora a togliere agli occhi la vera luce degli occhi. Lo doloroso amor che mi conduce A fin di morte per piacer di quella Che

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Le rime XX

E' m'incresce di me sì duramente Ch'altrettanto di doglia Mi reca la pietà quanto 'l martiro, Lasso, però che dolorosamente Sento contro mia voglia Raccoglier l'aire del sezza' sospiro Entro 'n quel cor che i belli occhi feriro Quando li aperse Amor con le sue mani Per conducermi al tempo che mi sface. Oimè, quanto

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Le rime XIX

Ne le man vostre, gentil donna mia, Raccomando lo spirito che more: E' se ne va sì dolente ch'Amore Lo mira con pietà, che 'l manda via. Voi lo legaste a la sua signoria, Sì che non ebbe poi alcun valore Di poter lui chiamar se non: "Signore, Qualunque vuoi di me, quel vo' che

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Le rime XVII

Si pensa a Meo de' Tolomei da Siena, di cui si possiedono violente invettive contro la madre e il fratello; anche Cino da Pistoia gli ha indirizzato un sonetto Sonetto, se Meuccio t'è mostrato, Così tosto 'l saluta come 'l vedi, E va' correndo e gittaliti a' piedi, Sì che tu paie bene accostumato. E

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