Convivio – Capitolo VII

         Provato che lo comento latino non sarebbe stato servo conoscente, dirò come non sarebbe stato obediente. Obediente è quelli che ha la buona disposizione che si chiama obedienza. La vera obedienza conviene avere tre cose, sanza le quali essere non può: vuole essere dolce, e non amara; e comandata interamente, e non spontanea; e con misura, e non dismisurata. Le quali tre cose era impossibile ad avere lo latino comento, e però era impossibile ad essere obediente. Che a lo latino fosse stato impossibile, come detto è, si manifesta per cotale ragione. Ciascuna cosa che da perverso ordine procede è laboriosa, e per consequente è amara e non dolce, sì come dormire lo die e vegghiare la notte, e andare indietro e non innanzi. Comandare lo subietto a lo sovrano procede da ordine perverso – ché ordine diritto è lo sovrano a lo subietto comandare -, e così è amaro, e non dolce. E però che a l'amaro comandamento è impossibile dolcemente obedire, impossibile è, quando lo subietto comanda, la obedienza del sovrano essere dolce. Dunque se lo latino è sovrano del volgare, come di sopra per più ragioni è mostrato, e le canzoni, che sono in persona di comandatore, sono volgari, impossibile è la sua obedienza esser dolce.
         Ancora: allora è la obedienza interamente comandata e da nulla parte spontanea, quando quello che fa chi fa obediendo non averebbe fatto sanza comandamento, per suo volere, né tutto né in parte. E però se a me fosse comandato di portare due guarnacche in dosso, e sanza comandamento io mi portasse l'una, dico che la mia obedienza non è interamente comandata, ma in parte spontanea. E cotale sarebbe stata quella del comento latino; e per consequente non sarebbe stata obedienza comandata interamente. Che fosse stata cotale, appare per questo: che lo latino sanza lo comandamento di questo signore averebbe esposite molte parti de la sua sentenza – ed espone, chi cerca bene le scritture latinamente scritte – che non lo fa lo volgare in parte alcuna.
Ancora: è l'obedienza con misura, e non dismisurata, quando al termine del comandamento va, e non più oltre; sì come la natura particulare è obediente a la universale, quando fa trentadue denti a l'uomo, e non più né meno, e quando fa cinque dita ne la mano, e non più né meno; e l'uomo è obediente a la giustizia quando fa pagar lo debito de la pena, e non più né meno che la giustizia comanda, al peccatore. Né questo averebbe fatto lo latino, ma peccato averebbe non pur nel difetto, e non pur nel soperchio, ma in ciascuno; e così non sarebbe stata la sua obedienza misurata, ma dismisurata, e per consequente non sarebbe stato obediente. Che non fosse stato lo latino empitore del comandamento del suo signore, e che ne fosse stato soperchiatore, leggermente si può mostrare. Questo signore, cioè queste canzoni, a le quali questo comento è per servo ordinato, comandano e vogliono essere esposte a tutti coloro a li quali puote venire sì lo loro intelletto, che quando parlano elle siano intese; e nessuno dubita, che s'elle comandassero a voce, che questo non fosse lo loro comandamento. E lo latino non l'averebbe esposte se non a' litterati, ché li altri non l'averebbero inteso. Onde con ciò sia cosa che molti più siano quelli che desiderano intendere quelle non litterati che litterati, seguitasi che non averebbe pieno lo suo comandamento come 'l volgare, che da li litterati e non litterati è inteso. Anche, lo latino l'averebbe esposte a gente d'altra lingua, sì come a Tedeschi e Inghilesi e altri, e qui averebbe passato lo loro comandamento; ché contra loro volere, largo parlando dico, sarebbe essere esposta la loro sentenza colà dov'elle non la potessero con la loro bellezza portare. E però sappia ciascuno che nulla cosa per legame musaico armonizzata si può de la sua loquela in altra transmutare sanza rompere tutta sua dolcezza e armonia. E questa è la cagione per che Omero non si mutò di greco in latino come l'altre scritture che avemo da loro. E questa è la cagione per che li versi del Salterio sono sanza dolcezza di musica e d'armonia; ché essi furono transmutati d'ebreo in greco e di greco in latino, e ne la prima transmutazione tutta quella dolcezza venne meno. E così è conchiuso ciò che si promise nel principio del capitolo dinanzi a questo immediate.

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